“E perché?”
A tre anni e tre mesi siamo entrati in quella magica fase, quella dei “perché”.
Da un “perché” piccolo e banale si parte con una catena infinita di quesiti sull’universo, una specie di inquisizione, fino al punto in cui ti arrendi stremata con un rassegnato “perché è così”. O peggio, “non lo so”.
Esempio:
“Pecché è finita la catta igienica, mamma?”
“Perché abbiamo usato gli ultimi fogli rimasti, tesoro.”
“E pecché?”
“Perché tu avevi la cacca e ti sei dovuto pulire.”
“E pecché mi sono dovuto puli’e?”
“Perché se non ti pulisci bene poi ti prude il sederino.”
“E pecché?”
“Perché il nostro corpo ci manda dei segnali per indicarci quando non stiamo bene e abbiamo bisogno di qualcosa.”
“E pecché abbiamo bisogno di qualcosa?”
“Perché siamo esseri viventi, abbiamo bisogno di mangiare, di lavarci, di bere…non siamo pietre.” (GROSSO ERRORE.)
“E PECCHE’ NON SIAMO PIET’E??”
E via così, finché qualcuno non cede. Che sono poi sempre io.