Intervista a Mauro Bellei, Occhiolino Edizioni

Ho avuto il piacere e il privilegio di poter scambiare quattro chiacchiere con Mauro Bellei, architetto, artista e designer, che con tanta pazienza e disponibilità ha risposto ad alcune domande raccontandomi del suo lavoro e della sua casa editrice Occhiolino Edizioni. I suoi libri sono per bambini solo “per dire”, perché in realtà sono proprio per tutti.

Il motto di Occhiolino è “leggi, osserva, fai e racconta”. Scopriamo di più.

Quando e come nasce Occhiolino? Quali sono i valori e gli obiettivi alla base della casa editrice?
Occhiolino Edizioni nasce a cavallo tra il 2016 e il 2017; lo scopo primario è stimolare la progettualità, che è una cosa ben diversa dalla creatività. Stimolare la creatività significa fornire qualcosa che ti spinga ad usare la fantasia, l’intelligenza; quando parlo di progettualità, invece, chiedo di esprimere la creatività attraverso la manipolazione di regole e di vincoli. Se stimolo la tua progettualità, ti metto in grado di costruire una tua libertà.
Questo si applica ai libri per bambini come a libri per adulti, e senza alcuna distinzione di genere; l’obiettivo di stimolare la progettualità nasce infatti per andare incontro in modo paritetico a bambini e bambine. Per me è fondamentale questo aspetto: tutti i libri di Occhiolino sono pensati per essere rivolti a tutti, senza alcuna distinzione.
La progettualità è presente in moltissimi aspetti del quotidiano: dalla costruzione di una casa all’organizzazione di un viaggio ci troviamo a fare un progetto, che deve essere compatibile con regole e vincoli.
Nel momento in cui diamo a un bambino un foglio di carta e una matita, cosa gli chiediamo? Di disegnare qualcosa con un determinato strumento entro un certo perimetro. Si tratta di livelli elementari di regole, ma sono già regole molto precise al quale il bambino deve attenersi per cominciare a progettare qualcosa. Questo vale per i Super pezzi che si trovano alla fine dei nostri libri; il bambino può usarli come vuole, può sovrapporli, allinearli, a patto di non ritagliarli, spezzarli o scarabocchiarli.

Con i suoi libri ha condotto anche dei laboratori per i bambini; come sono strutturati?
L’ultimo laboratorio in presenza risale alla fine del 2019. Prima leggiamo un libro, dopodiché chiedo ai bambini di usare i pezzi per ricostruire qualche immagine osservata durante la lettura. In genere preferisco che ogni bambino abbia il suo libro, con il proprio set di segni da staccare, il che è sempre molto divertente per loro. Poi propongo di creare qualcosa di diverso. Ogni laboratorio finisce con una mostra: tutti i partecipanti si muovono liberamente per osservare i lavori degli altri e discutere insieme su cosa è stato fatto. In questo modo, quando il bambino torna a casa, è “attrezzato” per poter ripetere il gioco progettuale in autonomia. Ogni bambino va a casa col proprio libro, conservando i pezzi in una busta apposita presente nell’ultima pagina.

I libri Occhiolino sono suddivisi nelle due collane “Orsi” e Falchetti”; ce ne descrive caratteristiche e differenze?
Per Occhiolino sono importanti quattro parole: leggere, fare, osservare e raccontare. La collana “Orsi” è pensata per i bambini più piccoli, dai 4 anni in su, e la parola chiave di questi libri è fare, mentre per i “Falchetti” (dai 6 anni in su) è osservare. Nelle pagine finali degli “Orsi” si trovano i Super pezzi con i quali si possono ricreare immagini ripercorrendo la storia, e inventarne di nuove, imparando a progettare con i segni. L’insieme di tutti i libri della collana “Orsi” costituisce infatti un grande catalogo di segni.
In realtà utilizzo i libri degli “Orsi” per fasce d’età molto diverse, perché possono avere diversi gradi di “difficoltà”; li ho proposti anche a studenti dell’Accademia o in istituti di design. Ho utilizzato uno di questi libri in un laboratorio alla Parsons, una scuola di design molto importante di New York, con una classe di ragazze e ragazzi di circa vent’anni; è stata un’esperienza straordinaria, anche perché gli studenti mi hanno fatto notare cose nel libro che io stesso non avevo visto.
I “Falchetti” invece sono albi illustrati, dove i bambini lavorano al termine della storia sulle pagine nascoste; pagine ad ante che sono letteralmente nascoste alla vista, apparentemente bianche, ma una volta aperte rivelano il contenuto.
Invitano all’osservazione di elementi reali, per lo più legati al mondo naturale (i fili d’erba, la corteccia d’albero, i sassi) per costruire una fantasia, una personale storia illustrata, andando a cercare gli strumenti per realizzarla. Mentre negli “Orsi” si fa il movimento contrario: da forme astratte (i Super pezzi) componiamo qualcosa di figurativo.
Con i “Falchetti” porto i bambini all’aperto, invitandoli a studiare qualcosa di reale. Oltre alla natura, gli altri due luoghi che ho molto a cuore esplorati dai “Falchetti” sono il teatro e il museo; Wilson il coniglio è un omaggio al regista e drammaturgo Bob Wilson, “Mao il gatto del museo” parla di come vedere e re-immaginare il museo.

Quali sono i suoi autori e artisti di riferimento?

Sicuramente le opere astratte di Kandinskij sono determinanti per Occhiolino; gli albi Punto, Il serpentello Teo (sulla linea) e Punto, linea, superficie canterina costituiscono un chiaro omaggio a Punto, linea, superficie (saggio di Kandinskij del 1926, n.d.r.). Oltre al già citato Bob Wilson, vi sono altri chiari riferimenti al mondo del teatro in Danza con l’erba, in particolare al regista britannico Peter Brook.

Cosa consiglierebbe ai genitori o agli insegnanti che desiderano avvicinare i bambini all’arte?
Tutti i libri della collana “Orsi”, il cui tratto comune è il fare, costituiscono un primo approccio all’arte; con un bimbo piccolo, sui 3-4 anni, partirei con il “fare” qualcosa, manipolare i materiali, e non con l’osservazione di un’opera d’arte.
Bisogna mettere in mano ai bambini degli strumenti che mettano in moto certi meccanismi, che consentano loro di fare delle cose. Con i più grandicelli si può parlare del luogo-museo, di come reinventarlo, come avviene nel libro Mao il gatto del museo. L’ispirazione viene dai gatti dell’Hermitage (*); anche qui il gatto custodisce il museo, e si assicura che i segni dei quadri non scappino, stanchi di una vita troppo astratta e in cerca di un po’ di realtà.

Diversi nostri albi hanno come protagonista il museo, per mostrare ai bambini come può essere fatto e come può essere reinventato.

Cosa pensa della diffusione dei laboratori online, data la situazione attuale di chiusura dei musei? Come crede ci si debba muovere per non far perdere l’attenzione su quanto i musei e il nostro patrimonio culturale hanno da offrire, soprattutto ai più piccoli?
Sappiamo quanto sia difficile realizzare laboratori a distanza con i bambini. Io finora ho scelto di non farli, anche perché non ho ancora capito quale possa essere la chiave giusta.

Quello che sto facendo ora è mettermi in contatto con librai, bibliotecari, insegnanti per presentare Occhiolino e far sì che il nostro materiale arrivi tra le mani dei bambini. Due scuole di Milano e Torino hanno già adottato dei nostri testi; gli insegnanti infatti mostrano sempre molto entusiasmo durante la presentazione dei nostri albi. I nostri non sono libri che si possono descrivere in poche righe, vanno mostrati, raccontati; ed è necessario che l’adulto li conosca per accompagnare il bambino nella prima lettura, per mostrargliene il potenziale.

Qualche anticipazione sui vostri progetti futuri?
Il discorso sul museo proseguirà sempre. Le prossime uscite nella collana “Orsi”, previste per inizio 2022, vedranno ancora protagonista il Museo dei segni. Per quanto riguarda i “Falchetti”, entra in gioco un nuovo grande tema, la musica; Kandinskij sarà quindi di nuovo un riferimento fondamentale.

Una domanda personale: ricorda qual è stato il suo primo incontro con l’Arte? La prima opera che ricorda di aver osservato con attenzione e curiosità?
Ricordo due momenti molto precisi: da una parte il Mantegna, con l’Accademia di Brera. Dopodiché “La notte stellata”, che vidi in foto in un libro. Avendo un passato da copista, mi interessava molto il modo in cui era costruito il volume attraverso la pennellata. Da una parte ero attratto dagli artisti “nostrani”, emiliano-romagnoli, come Giuseppe Maria Crespi; al contempo mi colpivano i volumi nelle nuvole di Fragonard, e poi inevitabilmente il lavoro di Van Gogh.

Potrebbe comparire allora Van Gogh nei prossimi libri di Occhiolino?
Assolutamente sì, potrebbe.

Infine, una domanda “provocatoria”, retorica solo in apparenza: perché raccontare l’arte ai bambini?
L’Arte va raccontata ai bambini perché osservare, “vivere” l’opera d’arte, vuol dire costruirsi, realizzare qualcosa di sé.
Nel prossimo lavoro che uscirà il lettore sarà invitato appunto a “vivere” l’opera d’arte, ad entrarci fisicamente dentro.
Credo che ogni artista speri in questo: che l’osservatore, guardando l’opera, ne entri a far parte in modo molto stretto.

(*)Da ben tre secoli, quando l’imperatrice Elisabetta figlia di Pietro il Grande decise di ospitare un’intera colonia di gatti allo scopo di tenere lontani i topi, i gatti sono i “guardiani” del Museo dell’Hermitage di San Pietroburgo. Ci sono addirittura cartelli stradali che avvertono i cittadini: “Attenzione: attraversamento gatti!”

Un grazie speciale a Mauro Bellei; qui trovate i libri di Occhiolino Edizioni